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lunedì 5 agosto 2013

Il lavoro nobilita l'uomo e l'Italia


Ogni anno  prima di concedermi la tanto sospirata vacanza, mi trovo a riflettere sull’anno di lavoro trascorso,  e sempre mi dico che dovevo fare meglio .
Ma quest’anno la riflessione non è solo personale. Oggi per il Tg hanno fatto vedere i video , girati in alcune case di riposo, in cui assistenti picchiavano selvaggiamente degli inermi anziani.
Subito l’indignazione e poi l’impotenza di non poter difendere i più deboli : così m’hanno insegnato quei pazzi dei miei genitori.
Stesse immagini le ho viste in alcuni scuole per bambini . Le stesse facce frustrate che pensano di risolvere la propria inadeguatezza e incapacità violentando i più deboli.
Ci sono lavori particolari, che occorre fare a stretto contatto fisico e mentale con gli altri, questo impone delle qualità speciali , equilibrio emotivo, pazienza.
Ma non è vero che ci sono lavori diversi dagli altri. Tutti i lavori dal netturbino al chirurgo devono essere svolti con attenzione e con cura. Se non c’è la vocazione allora è meglio lasciare spazio a chi invece ce l’ha. Una marea di italiani è costretta al ruolo mortificante di disoccupato, a non poter guadagnarsi il pane, a smettere di credere in se stesso . Oggi chi ha la fortuna di avere un lavoro  non può permettersi di farlo malamente o per inerzia, a maggior ragione in questo periodo : è come sputare in faccia a chi il lavoro non ce l’ha.
Non posso celare il dolore  per la morte di Laura Prati, donna e sindaco , che  ha fatto ciò che era suo dovere fare  sospendendo un vigile che truffava gli orari di entrata e di uscita dal lavoro. Per questo uccisa, negandole per sempre la possibilità di migliorare il suo Comune e di vivere con i suoi familiari.
In Italia si può essere uccisi perché si fa il proprio dovere, perché si denuncia chi non lavora.
Ecco magari  dovremo ripensare anche al ruolo dei sindacati, non volto a garantire il lavoro  a tutti e a tutti  i costi , perché il lavoro è si un diritto ma va meritato, e i fannulla devono lasciare il posto a chi invece ha voglia di lavorare.
Dall’ambito pubblico a quello privato.
Molto spesso ci chiediamo come uscire dalla crisi e ci sentiamo impotenti, anche dopo inutili elezioni, sulla sorte del nostro Paese.

Penso che se ciascuno nel proprio piccolo si impegna al massimo nel suo lavoro, dal giornalista al tassista, dal magistrato al professore, dal cuoco all’operaio,  il miglioramento non sarà solo limitato alla sua persona e alla sua onorata dignità, ma il miglioramento sarà dell’intera collettività, dell’intero Paese, sarà l’Italia ad essere migliore.

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